Cara mamma,
leggendo questo passo de L'Identità di Kundera non ho potuto fare a meno che pensare a te. Grande cosa è di per sè la letteratura, ancora più grande quando getta una lente trasparente e chiarifica quei sentori e quelle percezioni che sono in noi sì, ma sfuocate. Grande cosa è la cultura che è così vicina alla materialità della vita (beata ignoranza e a chi crede si tratti semplicemente di una serie di facezie mentali!).
Mi sento in dovere di chiederti di non leggere tutto in funzione della tua vicenda personale (il figlio in questione è morto diversi anni fa) ma di soffermarti soprattutto sulla prima parte che mi ha ricordato molto lo stesso ardore che metti tu nel partecipare alla mia vita. Mi prendo, tuttavia, la libertà di riportare il testo nella sua completezza ai fini di una più ampia comprensione.
"E' impossibile avere un figlio e disprezzare il mondo così com'è fatto, perchè è a questo mondo che l'abbiamo destinato. E' per via di nostro figlio che ci interessiamo tanto al mondo, che pensiamo al suo futuro, che ci lasciamo coinvolgere nel suo frastuono e nei suoi fermenti e prendiamo sul serio la sua irrimediabile stupidità. Morendo, mi hai privata del piacere di stare con te, ma al tempo stesso mi hai resa libera. Libera di fronte al mondo che non amo. E se posso permettermi di non amarlo è solo perchè tu non ci sei più. I miei pensieri cupi non possono più ricadere su di te come una maledizione. Oggi, a distanza di tanti anni, voglio dirti che ho capito: la tua morte è stata un dono - e questo terribile dono io ho finito per accettarlo. "
E' chiaro che a prima vista le parole della protagonista possano risuonare con un'eco di egoismo, come un macabro compiacimento per la morte del figlio. E' chiaro che il passo va contestualizzato. Ma al di là della conclusione, tragicamente paradossale, c'è da evidenziare un amore di fondo che è in grado di cambiare il sentimento della madre la quale arriva ad amare un mondo che - in assenza del figlio, invece - odia. La morte è in questo caso il luogo della chiarificazione, della verità. Muore il figlio, cade la maschera. Non è in fondo una maschera quella che indossa una madre ogni giorno? Le sofferenze nascoste, i colpi incassati in silenzio. L'assenza di un essere al quale la vita ci ha costretti (non per forza in senso negativo) a dare conto in ogni momento della nostra vita, evidentemente fa sì che si possa essere finalmenti LIBERI da quel vincolo e dall'obbligo di mostrarsi madri oltre che di esserlo. E' bello anche quando dice "morendo mi hai privata del piacere di stare con te": la morte del figlio è ASSENZA VERA. La sofferenza non si inserisce nell'ordine universale della sofferenza generata dalla morte di un figlio, ma dal caso specifico "mi hai privata del PIACERE di stare con TE".
martedì 10 novembre 2009
Una riflessione per mamma
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lunedì 12 ottobre 2009
Le parole poetiche del giorno
Per le parole poetiche del giorno, prendo interamente spunto da una nuova poesia scritta in occasione di un concorso che aveva come tema "Che fai tu luna in ciel?".
Non è facile scrivere della luna. Tanti, in passato, si sono confrontati con questa elemento, da sempre simbolo della solitudine dell'uomo e del mistero della natura. Rischioso confrontarsi con il genio dei poeti del passato.
Rintocchi
Madre di tutti i romantici che si sono persi dietro ai tuoi rintocchi
Tovaglia
Tovaglia di piombo che hai sottratto ai piromani il piacere del fuoco
Piscio
Ti sputa, Vulcano, rovente, il piscio dei gatti, tu sorridi.
La poesia, per intero:
Non potrei immaginare altra notte.
Timoniere indiscusso degli universi,
sorvegli l'attimo in cui nacqui.
Madre di tutti i romantici
che si sono persi dietro ai tuoi rintocchi.
Le albe, le aurore, i tramonti,
i mille duelli a colpi di spada,
sanno di te i fari della città sepolta,
tovaglia di piombo
che hai sottratto ai piromani
il piacere del fuoco.
Ardi.
Tu hai conosciuto altri amori,
dove i fiocchi di neve
incantavano i giorni
e il collo della vedova
luccicava sotto alla lama d'acciaio.
Trattieni il respiro,
eppure ogni tuo battito
scandisce i miei affanni.
Ti sputa, Vulcano, rovente,
il piscio dei gatti,
tu sorridi.
Li senti, Notre-Dame, i tetti,
gotico, lo slancio,
la tua morsa ti stringe,
affonda, la carne, tu ridi.
Un satellite felino
ti cicca nel cratere,
sanguini appena,
ricurva,
un ultimo fiato sul mondo.
E piangi.
Non potrei immaginare altra notte.
Marina Carbone
Pubblicato da Mèsaktos alle 06:01 0 commenti
venerdì 18 settembre 2009
Oggi, su PortaPortese
STUDENTE in fisica matematica o filosofia capace piccola manovalanza
RAGAZZA cercasi esperta per banco gelato. Anche prima esperienza (??)
DONNA cercasi per lavoro a ore non di pulizie pomeriggio o sabato (o dio)
GARAGE cerco brava persona con dimistichezza nel parcheggiare
Pubblicato da Mèsaktos alle 05:18 0 commenti
Le parole poetiche del giorno
Reichstag
Scoiattoli bruni mangiano sotto gli alberi d'autunno sognando un Reichstag di noci
Fandonia
Azalee di vetro infrangono i ricordi del tempo, fandonia illuminata di stelle
Cioccolato
L'arresto cardiaco condurrà un cioccolato negro a smarrire i suoi chicchi nei ventri dei poveri
Pubblicato da Mèsaktos alle 03:21 0 commenti
lunedì 14 settembre 2009
Purezza è mescolanza
Leggendo il Partenio del Louvre (il partenio era, nell'antica grecia, un canto intonato da vergini in onore della dea Aurora, Aotis) mi sono imbattuta nell'aggettivo "akèratos" che vuol dire "puro".
L'aggettivo deriva, però, da un verbo che, apparentemente, sembra significare l'opposto. "Kerànnumi" infatti vuol dire "mescolare, mischiare". La purezza è, dunque, mescolanza? L'aggettivo puro è, inoltre, quasi sempre accostato al termine "oro" che è, a sua volta, simbolo della preziosità. Chi abbia un'idea grossolana e obsoleta di purezza, ascolti: essa è, prima di tutto, mescolanza, multiformità, varietà! Imperfezione, insomma. E quindi, perfezione assoluta.
Pubblicato da Mèsaktos alle 07:12 0 commenti
Le parole poetiche del giorno
Madrigali
Incontriamoci. Sotto i madrigali innevati dove il tempo ha dato l'abito ai nostri imbarazzi disinvolti.
Inconsueto
E il divino richiamo dell'inconsueto ci richiamava, come cocci senza numero di un museo perduto.
Cuscini
Mi restano i fogli spezzati, le chitarre baciate, i cuscini persiani.
NOTIFICA: Mèsaktos in greco vuol dire rotto a metà
Parole e frammenti tratti da pezzi di poesie
Suggerite altre parole poetiche. Fuori piove e c'è grigio. Banale. Vi dice niente? Trasformate le atmosfere in parole, le parole in atmosfere.
Pubblicato da Mèsaktos alle 06:20 0 commenti
Descrizione di un viaggio
Questo blog vuole essere un punto di incontro per poeti -incompresi e non- e scrittori.
La riproposizione virtuale dell'angolo della scrittura del Trentova Village.
Mèsaktos
Pubblicato da Mèsaktos alle 05:36 0 commenti